Paure e amnesie di chi ha votato Silvio
Giorgio Bocca su L'Espresso 14 Mag
Nella provincia di Cuneo l'80 per cento degli elettori ha votato Silvio Berlusconi. Una provincia partigiana, antifascista ha votato per l'uomo che ha sdoganato gli ex fascisti sempre fascisti, che non ha esitato a candidare anche gli ex nazisti sempre nazisti, compresi quelli che non avevano mai sentito parlare dell'Olocausto.
Ha votato per il politico che ha sempre ostentatamente ignorato la celebrazione del 25 aprile, che candidamente ha confessato di non sapere chi era papà Cervi, il padre dei sette fratelli fucilati a Reggio dai fascisti, di cui sono state pubblicate migliaia di fotografie, di articoli, centinaia di libri, fiumi di memorie, come non bastasse a stamparlo nella memoria di massa quella sua faccia di contadino che sopporta tutte le avversità e i lutti. Ma niente di ciò che significa il vecchio Cervi ha mai raggiunto il Cavaliere di Arcore che pure ha un'ottima memoria.
Le amnesie del qualunquismo italiano, della profonda millenaria destra italiana su cui navigano tutti i ritorni plebiscitari del partito dei soldi, sono totali, compatte come un muro di gomma, come i gradini di una piramide. Senza esitazioni, senza pudore.
Siamo nati e vissuti in una terra in cui non solo i cippi e i monumenti parlano della guerra di popolo al fascismo, ma anche le pietre, anche i fossi. Guardate quello che segue la strada fra Cuneo e Torino non lontano da Centrallo: in quel fosso cadde crivellato dai colpi delle brigate nere Duccio Galimberti e un ragazzo che passava lì per caso li sentì urlare "sparate su quel bastardo". Si chiamavano Costanzo e Probo, come i martiri della Legione Tebea, i vostri nonni o padri saliti in montagna dalle campagne del Passatore o della Bombonina, dalle tenute del marchese Falletti e che formarono l'esercito volontario di borghesi e di contadini (di operai ce ne erano pochi, gli operai comunisti stavano più su nelle valli di Lanzo e del Pellice).
Ne avete avuto uno in ogni famiglia, è impossibile che li abbiate dimenticati. Eppure è così: quando dal profondo sale la paura del nuovo, il terrore atavico della miseria, della fame, si vota Berlusconi o qualsiasi altro populista che prometta di tagliare le tasse e di abolire le multe.
Ma sale pure da un passato recente, anche dalla crisi dell'agricoltura del primo Novecento quando dalle campagne affamate del Piemonte partirono a decine di migliaia per andare a bonificare la pampa argentina, a dormire nelle buche, a patire di malaria per tornare vecchi e logori a comperare la villetta dalle parti del viale degli Angeli fra Cuneo e la montagna. Non solo nella 'provincia granda', anche a nord nella pianura Padana, nel Veneto.
C'è un paese di montagna fra l'Adige e il Brenta, San Mauro di Saline, dove ha votato per la destra l'89,95 per cento, 349 voti su 388 di cui 102 a Forza Italia e il resto alla Lega. Tutto ciò vuol dire che a decidere le elezioni di un paese moderno, il sesto o settimo paese industriale del mondo, sono state delle paure senza senso nel presente, ma radicate da millenni: paure di carestie, di invasioni, di peste, di fillossera, di grandine, per cui non si ragiona più, si corre dove si pensa che ci sia un riparo conservatore, il riparo del non muovere, del non agitare le acque e gli eventi che hanno sempre portato lutti fra la povera gente. Tanto più se povera non è, ma si è fatta l'automobile e la casa, tanto più se nessuno vuole toglierle l'automobile e la casa.
Ma nelle confessioni di quelli che hanno votato per il più ricco dei nostri milionari, per il più lontano dei piccoli risparmiatori italiani, per uno che non bastandogli una decina di ville fra Sardegna e Caraibi ne ha comperata, l'altro giorno, una in Svizzera per il tramite della madre di sua moglie, nelle confessioni, dicevo, passa come un nero lampo il pensiero intollerabile: vogliono portarmi via la casa, vogliono farmi morire sotto il cumulo delle tasse.
Chi? I comunisti. E noi che irridevamo l'anticomunismo irreale, magico, da maledizione biblica del signor Berlusconi.
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