06 maggio, 2006

Giannelli e Grasso 6 Mag

Corriere.it
Il diritto di stupirci
«Erano cose che si sapevano». Ma come, se erano cose note perché nessuno ha mai parlato? Perché nessuno ha mai cercato di prendere le distanze da certi personaggi? Le spiegazioni sentite ieri in tv da parte di alcuni commentatori lasciano interdetti. Lasciano intendere che il mondo del calcio non solo ha le sue belle mele marce (come succede dappertutto) ma è come avvolto da una nebbia di omertà, di complicità.
Erano cose che si sapevano, inutile stupirsi. Di Moggi si è sempre favoleggiato, della «buona fede» degli arbitri anche, di campionati falsati pure. Di che stupirsi? E invece vogliamo ancora rivendicare il diritto a stupirci, a manifestare rabbia, a esprimere il più ingenuo dei disappunti. Servirà a niente, ma comunque. Il tradimento sportivo è un tradimento doppio perché inganna le persone ma soprattutto la loro passione, che è totale, cieca, irrazionale. La squadra del cuore è l'unica cosa cui restiamo fedeli tutta la vita, un grande oggetto del desiderio che per essere tale ha bisogno della schiettezza delle favole. Da tempo, invece, il calcio italiano fa di tutto per rovinare i sogni della domenica. La sua forza di trascinamento è tale da permettergli di vivere in una sorta di «illegalità legalizzata». Il marcio ormai è stato descritto in tutti i modi: illeciti, frodi fiscali, bilanci dopati, passaporti falsi e plusvalenze. Forse qualcuno ha pensato all'assuefazione come al suo miglior alleato: se le cose sono risapute e non succede nulla, allora è possibile farla da padrone.
Sarà la giustizia sportiva a controllare il contenuto delle intercettazioni, a provare se sono stati violati o meno i principi di lealtà, correttezza e probità su cui si fonda quel patto sociale che si chiama sport, ma qualcosa è già stato violato per sempre: non per il contenuto delle intercettazioni ma per la rete di connivenza messa in luce dalle intercettazioni. Per questo non ci resta che aggrapparci alle parole del presidente Carraro: «Il mio stato d'animo è come quello di milioni di tifosi, che provano sconcerto, tristezza e rabbia». Si scopre ora che tutte quelle trasmissioni con moviole e movioloni altro non erano che fumo negli occhi, regolamenti di conti, velate forme di ricatto. Che tutti quegli opinionisti che sbraitano in tv, juventinologhi o no, erano, nella migliore delle ipotesi, vittime di un gioco ben più perverso. Al centro delle inchieste c'è sempre la Gea di Moggi Jr e Chiara Geronzi: forse sarebbe il caso che questa società chiudesse i battenti e liberasse gli ostaggi. Al centro delle chiacchiere c'è sempre Luciano Moggi, con la sua ora non più leggendaria rete di rapporti; forse sarebbe il caso che anche lui chiudesse baracca e burattini. Perché il calcio riprovi a essere un sogno e la Juve vinca gli scudetti sul campo.