22 maggio, 2006

Luna di miele sì, ma non in bianco

Giampaolo Pansa su l'Espresso 22 Mag

Il governo Prodi va difeso con le unghie e con i denti. Dalla opposizione ma anche dalle divisioni del centro-sinistra.

Forse i tanti capi-clan del centrosinistra non ci hanno badato, ma ci sono degli elettori dell'Unione che si stanno già stancando. Vivo tra persone normali, viaggio in treno, vado nei negozi, in edicola, in libreria, al caffè. E li vedo e li sento. Nei giorni della Via Crucis di Romano Prodi per formare il governo, questi elettori erano incavolati come bisce. Ma come?, mi dicevano. Abbiamo vinto per un pelo. Al Senato siamo appesi a un filo. I ventiquattromila mila voti di vantaggio alla Camera sembra che siano sotto esame. E i nostri, a Roma, fanno tutta questa manfrina per le poltrone, mettendo i bastoni fra le ruote del Parroco dell'Ulivo?

Ho anche sentito dire: "Basta, quei ras mi fanno senso. E non li voterò più". Vagli a spiegare che Silvio Berlusconi non si è ritirato a Tahiti e se ne sta lì, pronto a raccogliere i cocci dell'Unione, non per incollarli, ma per gettarli nel guardaroba dei cani. Anche davanti a questa obiezione, alcuni non vogliono sentir ragioni. E ti replicano: "Ma che differenza c'è tra noi e il Berlusca? Come lui, anche i capi dell'Unione se ne fregano di noi italiani qualunque".
Adesso che il governo Prodi è nato, molte sacrosante incazzature forse si spegneranno. Ma di certo non si attenueranno le apprensioni per il futuro del centro-sinistra. Come dare torto ai dubitanti? Mi sono riletto l'intervista che Prodi mi aveva dato per 'L'espresso', pochi giorni prima del voto. Per vecchia esperienza, so che le interviste ai politici si dimenticano presto. Sono parole di carta, che svaniscono quasi subito nell'aria, senza lasciare traccia. Ma, almeno per me, questo non è il caso di quel colloquio con il Professore.
Prodi mi disse: "Se vinciamo e si fa il governo, a quel punto non esiste una via di mezzo: se cado io, o se i miei mi fanno cadere, cade anche il governo e si va di nuovo a votare. A me non piace mediare. Voglio governare. Ogni volta che si riunirà il Consiglio dei ministri, non si discuterà, ma si deciderà. Dovremo muoverci in fretta. Lo stato del paese è molto degradato. Bisogna imporci un ritmo veloce. L'importante è che non ci sia nessun ministro che si metta in testa di fare il fenomeno. Se ce n'è anche uno solo, sono guai".
Quanti fenomeni avrà incontrato Prodi nell'estenuante maratona delle trattative? Un battaglione, di sicuro. Tutti lì a rivendicare questo o quel ministero. A presentare richieste assurde. A mettere veti. A proporre spartizioni insensate. A imporre regole spadoliniane di un secolo fa. A pretendere pennacchi: un vice-premier, due, tre, cinque. Un pessimo avanspettacolo in attesa dello spettacolo vero. Quello del governo che dovrà mettersi all'opera subito, senza perdere un giorno di tempo.
E a proposito del governo, i partiti o i ministri tentati di fare i fenomeni dovranno ficcarsi in testa due chiodi che non bisogna schiodare. Il primo è la necessità della concordia come bene primario. Il nuovo presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l'ha invocata nel paese, fra i due blocchi che si sono combattuti all'arma bianca nella campagna elettorale. Ma, a maggior ragione, la concordia deve esserci fra gli alleati di una coalizione. Altrimenti, è meglio chiudere bottega e tornare alle urne.
Il secondo chiodo è legato al primo: la figura di Prodi è un patrimonio del centrosinistra e dei suoi elettori. Lo abbiamo scelto con le primarie. Lo abbiamo confermato con il voto del 9-10 aprile. Santa Scarabola, che protegge chi si dedica a imprese impossibili, lo ha aiutato a fare il governo. Adesso che sta per entrare a Palazzo Chigi, Prodi va difeso con le unghie e con i denti. Dagli assalti del centro-destra, certamente. Ma ancora più dalle risse tra chi deve sostenerlo. Anche l'Unione non è immune dall'Aids della disistima reciproca, dalla voglia di sgarrettare l'alleato, dal vizio di rompere, di spaccare, di far saltare il banco appena messo in piedi.
Durante la guerra civile spagnola, i giornalisti chiesero al generale Emilio Mola, uno dei vice di Franco, quale delle loro quattro colonne avrebbe conquistato Madrid. Mola sorrise e rispose: la quinta colonna, quella che sta già in città. Cari partiti dell'Unione, cari ministri, cari sottosegretari: attenti a non diventare la quinta colonna del Berlusca. Dovete sapere che, in quel caso, nulla vi sarà perdonato. Ve ne andrete tutti in pensione obbligata. Diventerete dei signori Nessuno. Potrete forse scrivere libri di memorie, ma dubito che qualcuno li leggerà.
Abbiamo bisogno di essere governati. Sì, abbiamo fame di governo. E siamo pronti a concedere al governo Prodi quella che si chiama la luna di miele: un periodo di tregua, per dargli il tempo di cominciare il lavoro. Purché nella luna di miele gli sposi del centro-sinistra non vadano in bianco, passando i giorni e le notti a prendersi a schiaffi. In questo caso è meglio che restino zitelli. Sempre più vecchi, brutti e inaciditi. Comparse buone soltanto per la spazzatura dei telegiornali.