Supergiornale del 20 Apr
La sindrome di Sansone -La farsa è finita
Giuseppe D'Avanzo su La Repubblica.
Anche la corte di cassazione, dopo il ministero dell'interno, conferma la vittoria del centrosinistra alla camera per 24.775 voti, correggendo di soli 469 consensi il risultato del Viminale (25.224). Tutto qui, dunque, una bagattella, una bazzecola che liquida definitivamente la menzogna politica, organizzata nella residenza privata del premier perdente, per disorientare il paese e lucrare un beneficio politico (la "grande coalizione") negato dalla logica maggioritaria. Se ne sono sentite di tutti i colori in questi nove giorni. Una squadra di commedianti si è alternata al proscenio del teatro della bufala. Con l'indecorosa complicità dei media televisivi privati e di stato, si è inventata ogni giorno una formula ballerina o un'acrobazia per avvelenare con confusi sospetti la coscienza e la percezione dell'opinione pubblica sulla nitidezza dell'esito elettorale.
L'Udc si sgancia: auguri a Prodi
Francesco Bei su La Repubblica
Forza Italia e la Lega non riconoscono la decisione della cassazione e quindi continuano a negare la vittoria dell'Unione, l'Udc al contrario fa immediatamente gli "auguri di buon lavoro" a Prodi, mentre An si limita a "prendere atto" della pronuncia della corte. La Casa delle libertà si presenta così, in ordine sparso, di fronte al pronunciamento della corte di cassazione sull'esito elettorale. Il più lesto a commentare è il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, che si smarca dalla linea di attacco frontale del Cavaliere e concede la vittoria all'avversario: "Rivolgo a Romano Prodi", dice Cesa in una dichiarazione concordata con Pier Ferdinando Casini, "il nostro augurio di buon lavoro nell'interesse dell'Italia. L'Udc svolgerà la sua battaglia per assicurare un'alternativa di governo ai tanti moderati che ci hanno dato la loro fiducia".
Bertinotti, Marini e D'Alema: i "rieccoli" sulla strada di Prodi.
Filippo Ceccarelli su La Repubblica
Ma che bella sorpresa, che fantastica novità: a pochi giorni dal voto Romano Prodi non ha nemmeno il tempo di guardarsi attorno e chi gli si mette di traverso? D'Alema, Marini e Bertinotti. È una combinazione che gela il sangue. E non solo perché si tratta precisamente degli stessi tre esponenti che nell'autunno del 1998 a vario titolo contribuirono alla caduta del suo primo governo. Ma soprattutto perché il loro duplicato agitarsi, le voglie, le richieste, le pretese, i rifiuti, le impuntature, insomma tutto a partire dai protagonisti conferma l'ormai definitiva deriva seriale della vita pubblica italiana. L'eterno ritorno del sempre uguale, avrebbe detto Forlani (con Nietzsche). Oppure il capriccioso ciclo della storia che secondo Marx si manifesta dapprima in forma di tragedia, e la seconda volta come farsa.
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